Pubblicato sabato, 10 maggio 2014 16:25 - Letture Articolo 6903 - Condividi 
Alluvione Senigallia... una storia tutta italiana!
alluvione Senigallia - zona ValloneL'ennesima emergenza ambientale, in questa nazione preda di ben altri sciacalli che non quelli che si aggirano notte tempo a Senigallia. L'ennesimo scenario raccapricciante dove l'aiuto materiale, il sostegno anche psicologico è affidato ai volontari, sempre e soltanto quelli!!!

Concittadini, giovani studenti, italiani provenienti da altre città, ma anche questa volta, nessuna italica istituzione (eccezione sempre encomiabile quella dei Vigili del Fuoco e delle forze dell'ordine!!). Molti e vari aneddoti si raccolgono in questi giorni, nel "dopo" alluvione, quando l'emergenza si trasforma da sopravvivere a tornare a vivere.

Una settimana è trascorsa e non ci sono cucine da campo dell'esercito, (so di ristoratori che preparano GRATIS i pasti per i soccorritori) campi tendati per ospitare chi ne ha bisogno, o gli stessi soccorritori; non ci sono congedi "pro alluvione" e chi lavora prende le ferie di suo; non si vedono mezzi comunali che puliscono le strade, con Borgo Bicchia che è ancora sotto il fango, come lo è tutta la parte sud della città.

Il lungomare è ancora disastrato, gli alberghi con le masserizie accatastate lungo la via. Questa è la parte visibile del dopo alluvione, quella materiale, "spettacolare", quella monetizzabile e mai rimborsabile, ma ciò che non si vede, la ferita nell'animo della gente che ha subito il danno, questa, la parte segreta di ognuno di noi, quanto vale? Quanto valgono i morti, gli affetti, tutto ciò che è perduto nel fango?.

Non voglio cadere nella facile trappola della solita polemica dei soccorsi, nella folle recriminazione del dopo o nella caccia alle responsabilità che troppo spesso ci abitua, in questi casi, a perdere di vista il problema vero: PREVENZIONE!!!!.

In un territorio come il nostro, nazionale in genere e nella fattispecie senigalliese, non esiste una prevenzione efficace, non esiste o se esiste è inefficace (i fatti parlano da sé): un piano di gestione del fiume che essendo a carattere torrentizio è per definizione imprevedibile e ricorrente (nel 2011 l'ultima alluvione), e con il cambiamento climatico, che in maniera indiscutibile agisce in modo potente sulla imprevedibilità, rende il nostro piccolo Misa un mostro ancor più instabile.

L'alveo del fiume va pulito, dalla sorgente alla foce (scandaloso vedere canneti in pieno centro, rifugio di ratti e nutrie); vanno previste aree definite e protette di esondazione (senza costruzioni all'interno) dove disperdere la potenza delle acque, va analizzato lo stato di tutto il percorso del fiume, degli affluenti, fossi e canali che fanno parte del bacino idrico della "valle Misa", un'analisi fatta non soltanto dai "politici", ma anche e soprattutto da geologi e tecnici competenti e seri, e non prezzolati consulenti dai nomi altisonanti.

Va rivisto anche il sistema di protezione civile, che non deve essere su base volontaria, ma essere strutturato in modo da garantire un numero di persone addestrate e ben quantificabili, di mezzi definiti e censiti, centri di raduno di quartiere concepiti con criterio scientifico. Un esempio potrebbe essere una leva obbligatoria per gli studenti residenti e le imprese edili del territorio, con un censimento delle attrezzature, personalmente censito delle liste di disoccupazione ed in mobilità, ma tutto avrebbe un senso se PROGETTATO e non eseguito in modo estemporaneo, come piace tanto a noi italiani che si recita a soggetto.

Una analisi dei costi, ancorché approssimativa, mi fa pensare che la prevenzione possa costare infinitamente meno di una emergenza! Quanto costa la perdita economica che subirà il turismo, quella dei beni dei cittadini? Scusate, questa è la voce minore, nessuno verrà mai rimborsato adeguatamente e molti di quelli che saranno rimborsati non avranno subito danni (vedi il ridicolo modulo comunale), ma quanto costano le vite perdute, le scuole danneggiate, le strade rovinate, l'impiego dei mezzi e degli uomini dei vigili del fuoco, polizia? Quanto costano le ore di lavoro perdute da tutte le persone coinvolte direttamente o indirettamente in questi eventi? Quanto costa la "carità" di tanti che nel silenzio aiutano?.

Il "dopo" è soltanto cronaca che riempie gli spazi dei media, il "prima" è qualcosa che non esiste nella testa dei nostri amministratori e la scusa è sempre la stessa: COSTA, ma questa è una trincea di carta per nascondere la incompetenza dolosa o non, di chi con la massima autorità ed autorevolezza è chiamato alla gestione delle "cose pubbliche" e della incolumità dei cittadini.


da Lamberto Maria Rossi

Commenti
naturalmente...
Scritto da Visitatore anonimo il 2014-05-13 18:09:40
Naturalmente, sono addolorato e sconvolto da quanto è acaduto, fortunatamente, non ho avuto danni, ma potevo essere io al posto dei disastrati abitando vicino al fiume, ma non possiamo dare colpe e rimedi senza capire che non è colpa del Misa, dei canneti o degli alberi, (che invece hanno una funzione di rallentare naturalmente la furia delle acque ecc.) ma ...è l'uomo che non deve invadere gli spazi da millenni occupati dal fiume, non è pensabile pulire gli argini sterminare gli animali selvatici, cementare i fossi, per costruire centri commerciali e appartamenti nell'ambito del fiume. non dovremmo preoccuparci del fiume , lui per millenni si è regolato da solo, con gli animali, i canneti, le nutrie ecc. ogniuno al suo posto NATURALMENTE.
Ritorno al Fiume
Scritto da Visitatore anonimo il 2014-05-14 00:23:33
20 anni fa realizzammo questo video sul fiume Misa... Maurizio Marinelli 
https://www.youtube.com/watch?v=xSt1xoDE-q8&list=UUB8--ZIkYueDm6NkJTFbKyQ
un volontario
Scritto da Visitatore anonimo il 2014-05-14 11:14:45
Concordo con l'autore dell'articolo...e sono profondamente amareggiato, dispiaciuto ed incaxxato per i danni, lo stress ed i disagi subiti dai miei corregionali di Senigallia.. 
La prevenzione deve divenire un'istituzione dello stato.. 
La prevenzione deve rappresentare il nuovo modello di sviluppo sociale ed economico. 
Sono in disaccordo con l'autore dell'articolo soltanto su un punto, che puo' sembrare frivolo al cospetto dei danni e del disastro subito dai cittadin. Le organizzazioni di volontariato di protezione civile non sono affatto estemporanee ed impreparate. 
Se solo Lei conoscesse a fondo la realta' che sta' dietro quelle divise gialle, rosse, arancio,ecc.. capirebbe e non scriverebbe tali affermazioni. 
Donne e uomini comuni che dedicano tutto il proprio tempo libero e non solo agli altri, non solo nei momenti di emergenza, ma anche nei momenti di esercitazione, nei corsi di preparazione e di qualificazione professionale. 
Persone normali che non si rappresentano nè eroi, nè vogliono sostituirsi alle strutture operative professionali dello stato, ma che nel silenzio e nella costanza dell'impegno preso operano per i cittadini italiani.. in assistenza alla popolazione. 
Sabati e domeniche sottratti alla propria vita famigliare per coltivare la formazione, per essere pronti il piu' professionalmente possibile.. nelle fasi emergenziali e post-emergenziali..per riuscire ad aiutare chi soffre una situazione di disagio con maggior efficacia. 
Ecco, questo sig. Autore dell'articolo, sentivo di scriverlo senza atti di accusa ne di polemica, ma solo per dovere di cronaca dal punto di vista di uno delle migliaia di volontari che si sono avvicendati in questa ennesima emergenza. 
Un abbraccio a tutti i cittadini di Senigallia 
 
Andrea
prevenzione
Scritto da Visitatore anonimo il 2014-05-14 11:16:17
già la scorsa estate, dopo un violento temporale, si stava per allagare. i sottopassi erano quasi al limite. Il sentore che sarebbe potuto accadere qualcosa di grave, già c'era, ma nessuno ha voluto vedere
Un volontario della regione Veneto
Scritto da Visitatore anonimo il 2014-05-15 12:10:35
L'autore dell'articolo dovrebbe, a mio giudizio, passare qualche giornata con una squadra di protezione civile impegnata in emergenza. Dice che vuole gente addestrata, e posso garantirgli che a Senigallia c'era, preparata....altrettanto. I problemi sono altri, e sono quasi sempre gestionali e non legati alla professionalità di chi forma il sistema di protezione civile volontario. Se le cucine da campo non ci sono, non dipende sicuramente dai volontari ma da chi doveva valutarne l'esigenza e richiederle. Io c'ero e posso dire che le squadre inviate dal Veneto a Senigallia si sono dimostrate all'altezza della situazione e lo dimostrano i numerosi interventi conclusi con successo a favore dei cittadini colpiti. Ovvio che quando un intervento sconfina in competenze non in nostro possesso o in interventi di soccorso tecnico urgente, non si deve eseguire per non arrecare danni a persone o cose, per questo tipo di interventi ci sono apposite figure professionali.

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