Pubblicato lunedì, 24 novembre 2014 12:45 - Letture Articolo 3667 - Condividi 
"Non è una buona scuola quella di Renzi"
ScuolaNon è una buona scuola quella a cui pensa il premier Renzi. A sostenerlo il comitato di insegnanti "NoidellaScuola" di Senigallia, che interviene sulla questione della riforma della scuola pubblica sottolineando le gravi difficoltà che l'istruzione italiana sta vivendo anche a causa di questi provvedimenti.

Provvedimenti che rischiano di mettere l'uno contro l'altro i docenti, che tagliano le risorse, che bloccano le carriere, che non garantiscono la funzionalità dell'istituto scolastico stesso, che vogliono aprire le porte ai finanziamenti privati. Di seguito il testo del comitato di insegnanti "NoidellaScuola" di Senigallia.

"Se fosse la buona scuola, Renzi non si vanterebbe di assumere 150.000 precari quando invece questa è stata un’imposizione della Corte di Giustizia Europea, pena sanzioni pesantissime;
se fosse la buona scuola, i precari che non rientrano nell’obbligo di assunzione non verrebbero lasciati per strada dopo anni di supplenze con un grande investimento di progettualità lavorativa e di vita;
se fosse la buona scuola, ai lavoratori non si bloccherebbero per l’ennesima volta il contratto e l’aumento di stipendio;
se fosse la buona scuola, non ci sarebbero ancora classi dove vengono rinchiusi troppi alunni;
se fosse la buona scuola, non si giudicherebbe il lavoro di un alunno e di un docente in base ad un test standardizzato ed a cronometro come l’INVALSI;
se fosse la buona scuola, non si permetterebbe ad un ristretto numero di insegnanti di giudicare scarsi e non meritevoli il 34% dei loro colleghi, impedendo loro ogni progressione di carriera;
se fosse la buona scuola, non si taglierebbe il personale ATA lasciando i plessi privi di un supporto fondamentale per la vita scolastica quotidiana e per la sicurezza;
se fosse la buona scuola, non si dovrebbe elemosinare risorse dai privati perché lo Stato non sa garantirne la crescita;
se fosse la buona scuola, non metterebbe uno contro l’altro gli insegnanti che dovrebbero, al contrario, collaborare per un progetto educativo comune.

Il governo Renzi propone una riforma della scuola che, servendosi di un linguaggio attento e misurato, frutto del lavoro di esperti della comunicazione, è semplicemente l’ennesima pensata per tagliare ancora soldi all’istituzione scolastica. E lo fa raccontando la sua idea di scuola che NON è cultura, sapere, accoglienza, relazione ma un’azienda che deve seguire le leggi del mercato.

Si tagliano i fondi per la ricerca, per l’aggiornamento, per il funzionamento dei plessi, per la sicurezza degli edifici, per l’acquisto di materiale, degli arredi scolastici, per la manutenzione (vedi disegno di legge di stabilità 2015), si taglia sugli stipendi degli insegnanti che, con la nuova proposta, nonostante abbiano già il contratto bloccato da 6 anni, non avranno più in busta paga lo scatto d’anzianità ma i cosiddetti “scatti di competenza”. Vale a dire che si stabilisce già a priori che nelle scuole ci debbano essere il 34% di insegnanti “scarsi” ed un 66% di “meritevoli” e che solo a quel 66% verrà riconosciuta una progressione di carriera, dopo un percorso di valutazione triennale basato su quanto un insegnante fa in termini di aggiornamento e di incarichi funzionali all’interno del proprio Istituto ed in base agli esiti delle prove Invalsi, test nazionali di verifica standardizzati ed a tempo somministrati alle classi e completamente scollegati dall’attività didattica quotidiana.
Non è pensabile di poter valutare il lavoro di un insegnante come se alla fine dovesse realizzare un prodotto di una catena di montaggio, quantificarne il valore o la buona fattura in modo oggettivo. Gli studenti non sono cervelli aperti in cui versare i saperi.

La proposta di riforma, prevedendo i cosiddetti “scatti di competenza”, introduce una pericolosa competizione tra docenti invece di rafforzare la cooperazione che è fondamentale dal punto di vista didattico ed educativo; i docenti infatti, per apparire meritevoli ed essere compresi nel 66% dei “bravi”, saranno spinti a competere tra di loro per accumulare più “crediti” possibili ed a rivestire più incarichi possibili. E, per fare tutto questo, saranno costretti a tralasciare in parte il loro compito primario che è quello di insegnare perché dovranno essere contemporaneamente, una o più delle seguenti figure: fiduciari del Dirigente, responsabili della sicurezza, referenti per le gite ed i progetti sportivi, membri dei comitati di valutazione, ecc...

Anche se sottoposta a tagli continui, a carenza di risorse e al deterioramento del riconoscimento sociale della figura dell'insegnante, la scuola ha saputo mantenere nel tempo la capacità di far fronte a tutte le richieste che la società ha posto, rimanendo un'istituzione credibile per i cittadini e un ambiente dove è stato possibile trovare risposte alle esigenze culturali e sociali. Questo grazie e soprattutto alla cooperazione che è fondamentale nel lavoro tra i docenti: condivisone nelle scelte, nei carichi di lavoro, nei percorsi da intraprendere e condivisione di responsabilità. Il principio pedagogico vincente della collaborazione tra pari che gli insegnanti praticano nelle aule, vale anche per i docenti: nella scuola le logiche di “vincitori e perdenti” non sono produttive, se si desidera diffondere l'eccellenza tra gli insegnanti li si dovrebbe incentivare a collaborare piuttosto che a competere.

Nella società del “tutti contro tutti”, la scuola pubblica deve rimanere il baluardo di valori come solidarietà, uguaglianza, collaborazione. La proposta di riforma comporta inoltre che lo stato abdichi, di fatto, all'impegno sancito dalla Costituzione di garantire a tutti i cittadini una formazione adeguata, affermando che le risorse statali non bastano. Nel testo della Buona scuola infatti si legge: “le risorse pubbliche non saranno mai sufficienti a colmare le esigenze di investimenti nelle nostre scuole”. Questo aprirà quindi ai finanziatori privati che entreranno nella scuola condizionando le scelte didattiche sulla base delle loro esigenze.

In conclusione riteniamo che la riforma proposta da questo governo sia l’ennesimo tentativo di scardinare la scuola pubblica e di continuare ad operare in essa tagli travestiti da fumo negli occhi. E Renzi ci troverà lì, insegnanti, studenti e famiglie uniti e pronti a dimostrare che gli attacchi alla Scuola sono un atto inaccettabile".


NoidellaScuola - Senigallia
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