Pubblicato lunedì, 02 marzo 2015 09:51 - Letture Articolo 3983 - Condividi 
Un diagramma anti alluvione per Senigallia
E’ necessario cambiare alcune scelte di difesa idraulica
Diagrammi alluvioneChi ha seguito i dibattiti successivi e relativi agli eventi calamitosi del 3 maggio avrà preso familiarità con la ristretta campana rappresentata in figura 1 e spesso illustrata in più circostanze.
Essa identifica, in un diagramma tempo portata, riferito a una generica sezione fluviale, con l’area racchiusa dalla linea continua, la quantità d’acqua che la attraversa in un determinato tempo.
Questo fondamentale diagramma è però stato utilizzato come strumento analitico consuntivo della causa dell’evento che ha evidenziato la grande quantità di pioggia concentrata in un tempo breve senza che a nessuno sia venuto mai in mente di studiarlo ai fini della prevenzione.

E ciò che si tenterà di fare con un’analisi  che relaziona quanto accaduto tra il 3 maggio scorso e la più recente piena del 6 febbraio, attraverso la sua interpretazione.

Nel diagramma sono rappresentate con la retta tratteggiata in rosso e parallela all’asse delle ascisse la portata media annua di 3 metri cubi al secondo riferita a Vallone, che riterremo buona anche per le sezioni a valle e con quella in blù la portata massima stimata in 700 mc/s. La prima considerazione evidente è che ogni volta che la portata effettiva supera quella massima sostenibile dalla sezione si avrà esondazione anche se questa potrebbe verificarsi per valori inferiori se c’è il cedimento di qualche argine vulnerabile.

Ragionando per assurdo si potrebbe enunciare che con un’unica ipotetica precipitazione media annua costante potremmo sostenere  un ulteriore quantitativo di pioggia pari al rapporto tra 700 e 3 ossia di ben 233 volte superiore.
È’ ovvio che ciò non potrà mai verificarsi, ma fa intuire come sia comunque ampio e migliorabile il margine di sicurezza a parità di condizioni geomorfologiche dell’asta fluviale e come sia sbagliato credere che anche con i dovuti accorgimenti non si potrà mai avere una sicurezza assoluta, anche se per ottenerla si dovrà risolvere il problema delle parate e rimodulare i volumi di piena Le parate sono delle occlusione che limitano il deflusso a causa di ostacoli interni all’alveo o per il contrasto del mare in burrasca, in prossimità della foce.

Questo fenomeno è rappresentato in figura 2 con il confronto A B dove in alto si immagina un passaggio di piena in una sezione libera da ostacoli e in basso la stessa situazione ma in presenza di un occlusione identificata dal tratteggio verticale che trattiene a monte la quantità d’acqua che non supera lo sbarramento e che va ad accumularsi e a sovrapporsi a quella in arrivo elevando il livello fino a sormontare l’argine esondando.

E’ quello che è avvenuto il 3 maggio per l’eccessiva presenza di vegetazione in alveo con addirittura la presenza di un bosco di alberature protette che ha prodotto lo sversamento sulla città  di circa 6.000.000 di mc di acqua e fango.

Lo scorso 6 febbraio il centro città è stato  minacciato da una nuova pericolosa piena eppure a monte il fiume si presentava con un livello appena più alto del normale in condizione di assoluta tranquillità. In pratica l’intervenuta pulizia dell’alveo aveva prodotto il suo effetto ma la minaccia questa volta veniva invece dallo sbocco alla foce con il mare in burrasca che riduceva sensibilmente la sua portata nominale di 700 mc/sec, si ripeteva ovvero, in una diversa condizione, la situazione illustrata che denuncia impietosamente l’emergenza della foce, aggravatasi da quando, con la realizzazione del nuovo porto,  si è chiuso il varco tra il canale e la darsena Bixio eliminando di fatto un efficiente stramazzo naturale che avrebbe consentito al fiume di mantenere inalterato il massimo livello di portata indipendentemente dalle condizioni del mare e se il 6 febbraio il centro di Senigallia non si è allagata è solo per la modesta quantità della precipitazione.

La rimodulazione dei volumi di piena è l’altra grandezza fondamentale su cui si può intervenire.

Ipotizziamo, con riferimento alla fig. 1, una massa d’acqua di volume V che passa nella sezione fluviale in un breve intervallo di tempo  con portate che superano quella  massima sostenibile dalla sezione e che andranno a costituire il volume di tracimazione e confrontiamola con una quantità d’acqua  addirittura doppia (2V) che defluisce però con un tempo più lungo, apparirà evidente come la sezione, nel secondo caso, seppur attraversata da una massa d’acqua superiore ha una portata massima inferiore di ben 3 volte di quella del primo caso e senza il rischio dell’esondazione.

Ciò sta a significare che tanto più si riuscirà a dilatare la piena in tempi più lunghi, più si guadagnerà in modo esponenziale in sicurezza e ottimale sarà la condizione in cui questo avviene in un  percorso libero da ostruzioni.

Per raggiungere questo obiettivo è necessario realizzare almeno un grande bacino di accumulo, un invaso stabile e profondo che a parità di superficie si differenzierà delle vasche di espansione  per una capacità di stoccaggio molto superiore ma anche per la possibilità di manipolare e gestire le piene anticipandole e regolarizzandole con portate di valle anche sostenute ma sempre controllabili e senza picchi pericolosi.

Replicando il caso del 3 maggio, con l’ostruzione di allora e con due diverse simulazioni, una con la presenza delle vasche d’espansione così come programmate su 40 ettari e con la capacita di invaso di 900.000 mc. e l’altra con un bacino fisso di identica superficie, ma con una  capacità superiore a 4.000.000 di mc. Avremmo avuto come conseguenza la conferma dell’esondazione nel primo caso perché avremmo trattenuto solo 900.000 mc. sui 6.000.000 fuoriusciti, senza possibilità di regolare la portata a valle, mentre nel secondo caso, pur in difetto di 2.000.000 di mc. l’avremmo regimata e livellata, grazie al tipo di bacino, eliminando in questo caso il rischio di esondazione.

Molte altre  buone pratiche possono contribuire a ridurre la pericolosità idraulica, attraverso nuove metodiche di coltivazione, la cura dei campi, il mantenimento dell’humus, il rallentamento della corrivazione, l’attenzione alla permeabilità e quant’altro ma l’efficacia prodotta è  complementare e sicuramente molto meno incisiva di quella conseguente alla rimodulazione dei volumi di piena da attuarsi con uno studio specifico e dell’eliminazione delle parate realizzando uno stramazzo alla foce e con il costante controllo e la pulizia dell’alveo che dovranno essere gestiti da un  nuovo organo unico e responsabile identificabile dal contratto di fiume a cui dovrà far capo anche il consorzio di bonifica per i corsi secondari.

Le priorità degli interventi necessari andranno graduate secondo un rapporto costi benefici, considerando la contingenza economica in atto, per non sciupare le poche risorse disponibili in interventi inutili come le vasche di espansione.
Ad oggi le uniche proposte concrete per un progetto di difesa idraulica vengono dall’associazione Confluenze che ha radunato uno staff di tecnici specialisti dei settori inerenti che, a titolo gratuito, stanno presentando proposte attraverso incontri pubblici, ma sarà necessaria una sintesi di coordinamento da confrontare con eventuali altri studi e con le scelte attuative predisposte dagli enti sovraordinati, che rischiano di non essere adeguate, per estrapolare alla fine la miglior scelta possibile.

A puro titolo di riferimento potrà essere esteso l’argomento trattato sul Misa con una rubrica da me scritta in 11 articoli ampliati anche ad una proposta ambientale rintracciabile in modo ordinato su Internet  cliccando semplicemente su google Paolo Landi Senigallia. Appariranno su tutti gli archivi dei giornali on-line locali.

da Paolo Landi

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